Il metodo di datazione al radiocarbonio si basa su determinati presupposti relativi alla concentrazione del carbonio-14 in un dato momento. Uno di questi è che i livelli globali di carbonio-14 (chiamato anche radiocarbonio) nell’atmosfera non cambiano nel tempo. L’altro è il corollario del primo: la biosfera ha la stessa concentrazione globale di radiocarbonio dell’atmosfera, derivante dall’equilibrio.
L’ingresso del radiocarbonio nel ciclo globale del carbonio inizia nell’atmosfera, dove si forma dall’interazione tra i neutroni prodotti dai raggi cosmici e gli atomi di azoto. Il carbonio-14 prodotto reagisce con gli atomi d’ossigeno presenti nell’atmosfera per formare anidride carbonica. Questa anidride carbonica non è diversa da quella prodotta dal carbonio-12 e dal carbonio-13 e, di conseguenza, segue gli stessi processi di quella prodotta con gli altri isotopi del carbonio.
Si verificano degli scambi tra l’atmosfera e la biosfera, fino a quando si stabilisce un equilibrio. La datazione al radiocarbonio si basa fortemente su questo presupposto, al punto che, inizialmente, le altre fonti di carbonio-14 non erano state tenute in considerazione.
Oggi, gli scienziati che si occupano di radiocarbonio non devono semplicemente effettuare delle calibrazioni per convertire i risultati della datazione in anni solari, ma anche tenere in considerazione i vari fattori che hanno importanti effetti sui livelli globali di carbonio-14, uno dei quali sono i test sulle armi nucleari.
Sono state riconosciute due attività umane che hanno cambiato irrimediabilmente i livelli globali di radiocarbonio: l’utilizzo di combustibili fossili e i test sulle armi nucleari.
L’utilizzo su vasta scala di combustibili fossili, come il carbone, noto come effetto Suess, ha notevolmente ridotto la concentrazione di radiocarbonio nella riserva atmosferica di carbonio. Al contrario, i test sulle armi nucleari effettuati negli anni ‘50 e ‘60 hanno notevolmente aumentato il livello di carbonio-14 nell’atmosfera. Questo fenomeno è noto come bomb effect.
Il bomb effect indica l’immissione di radiocarbonio “artificiale” nell’atmosfera causata dalle bombe nucleari.
I test sulle armi nucleari hanno generato una reazione che ha simulato la produzione atmosferica di carbonio-14 in quantità innaturali. L’enorme flusso di neutroni termici prodotti dalle bombe nucleari ha reagito con gli atomi di azoto presenti nell’atmosfera formando carbonio-14. Il carbonio-14 risultante è quello conosciuto come bomb carbon, o radiocarbonio artificiale.
Secondo la letteratura scientifica, i test sulle armi nucleari avvenuti negli anni ’50 e ’60 hanno quasi raddoppiato il contenuto di carbonio-14 dell’atmosfera, secondo le misurazioni effettuate nel 1965. Il livello di bomb carbon era superiore di circa il 100% rispetto ai livelli normali tra il 1963 e il 1965. Il livello di bomb carbon nell’emisfero settentrionale ha raggiunto il proprio picco nel 1963, mentre nell’emisfero meridionale nel 1965.
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Il cambiamento dei livelli globali di radiocarbonio derivante dalle attività umane ha reso necessario l’uso di uno standard di riferimento per la datazione al carbonio-14. Era necessario un materiale organico non contaminato con il carbonio-14 proveniente dai combustibili fossili o dai test sulle armi nucleari.
L’acido ossalico della U.S. National Bureau of Standards è stato adottato come standard per la datazione al radiocarbonio. Il suo contenuto di radiocarbonio era teoricamente lo stesso di un campione di legno cresciuto nel 1950 DC, il punto zero della scala temporale del radiocarbonio utilizzato nell’indicazione dei risultati della datazione al carbonio.
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Nonostante il divieto di continuare i test sulle armi nucleari, il bomb effect rimane. Secondo la letteratura scientifica, il carbonio-14 prodotto durante i test sulle armi nucleari si è già ridotto grazie, in parte, al ciclo globale di scambio del carbonio. Negli anni ’90, i livelli di carbonio-14 erano superiori solo del 20% al livello teorico del 1950 misurato sull’attività dello standard di riferimento acido ossalico.
Il bomb carbon è essenzialmente un’iniezione artificiale di carbonio-14. Gli scienziati che trattano il radiocarbonio utilizzano questa conoscenza per verificare le proprie teorie relative alla miscelazione delle concentrazioni di carbonio-14 in diverse riserve. Hanno scoperto che gli anelli degli alberi non scambiano il radiocarbonio con altri anelli. Questo fatto ha supportato l’uso della dendrocronologia nella datazione al radiocarbonio, in particolare nella costruzione di curve di calibrazione.
Esistono anche altri studi che hanno monitorato la presenza generale di radiocarbonio o bomb carbon.
Il Geochemical Ocean Section Study ha analizzato campioni di acqua marina proveniente dall’Oceano Atlantico, Pacifico, Indiano e dal Mediterraneo, mappando la presenza di bomb carbon. I risultati di questo studio hanno permesso di analizzare il percorso del radiocarbonio ed i suoi tempi di scambio e permanenza.
Il World Ocean Circulation Experiment, effettuato tra il 1990 ed il 2002, ha permesso di ottenere misurazioni del carbonio inorganico disciolto.
Reidar Nydal e Knut Lovseth hanno effettuato delle misurazioni del radiocarbonio nell’anidride carbonica atmosferica nell’emisfero settentrionale e meridionale dal 1962 al 1993.