La storia, l’antropologia e l’archeologia sono tre discipline distinte ma strettamente connesse che raccontano all’uomo il suo presente in virtù del suo passato. Gli storici possono dire quali culture sono nate in diverse regioni e quando sono scomparse. Gli antropologi possono descrivere le caratteristiche fisiche di una popolazione, la cultura e le relazioni ambientali e sociali. Gli archeologi, invece, provano l’autenticità di un manufatto o ricollocano ritrovamenti storici o antropologici.
L’archeologia ha indubbiamente arricchito la storia dell’umanità come nessun’altra scienza ha mai fatto. L’archeologia è riuscita a svelare una grandissima parte del passato non scritto dell’uomo.
Per l’uomo medio studiare i resti materiali della vita umana e delle sue attività può non sembrare importante o interessante quanto le scienze biologiche. Ma l’obiettivo dell’archeologia che consiste nel comprendere l’umanità è un impegno nobile che va al di là dei tesori sepolti, della raccolta di informazioni, della datazione degli eventi. Consiste nel conoscere ciò che ha fatto scomparire le culture del passato e fare in modo che la storia non si ripeta.
Nel corso degli anni, l’archeologia ha ottenuto informazioni sulle culture del passato che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute se non fosse stato per l’intervento di tecnologie come la datazione al radiocarbonio, la dendrocronologia, la datazione archeomagnetica, la datazione con il fluoro, la datazione a termoluminescenza e la datazione con l’idratazione dell’ossidiana. La datazione al radiocarbonio è nata più di 50 anni fa ed ha rivoluzionato l’archeologia. La datazione al carbonio-14 rimane una tecnica potente, affidabile e ampiamente applicabile, molto preziosa per archeologi e altri scienziati.
Il carbonio-14 radioattivo ed instabile, chiamato radiocarbonio, è un isotopo naturale dell’elemento carbonio. Quando un essere vivente muore, cessa l’interazione con la biosfera: il carbonio-14 in esso presente non subisce più l’influenza della biosfera e inizia in modo naturale a degradarsi.
Il decadimento del carbonio-14 richiede migliaia di anni, ed è questa meraviglia della natura che costituisce la base della datazione al radiocarbonio e ha fatto dell’analisi del carbonio-14 un potente strumento per rivelare il passato.
Il processo della datazione al radiocarbonio inizia con l’analisi del carbonio-14 rimasto in un campione. La percentuale di carbonio-14 nel campione esaminato fornisce un’indicazione del tempo trascorso dalla morte dell’organismo da cui proviene il campione. I risultati della datazione al radiocarbonio vengono riportati in anni BP (Before Present) non calibrati, dove BP rappresenta il 1950 d.C.. La calibrazione viene poi eseguita per convertire gli anni BP in anni solari. Questa informazione si riferisce dunque a vere e proprie date storiche.
Prima di scegliere la datazione al carbonio come metodo analitico, un archeologo deve prima assicurarsi che i risultati della datazione al radiocarbonio dopo la calibrazione siano in grado di fornire le risposte necessarie ai quesiti archeologici. È necessario prendere in considerazione che cosa rappresenta l’attività del carbonio-14 di un campione.
La relazione campione-contesto non è sempre facile. La data di un campione antidata il contesto in cui si trova. Alcuni campioni come il legno hanno già cessato l’interazione con la biosfera e hanno alla morte un’età apparente e collegarli all’età dei depositi attorno al campione non sarebbe del tutto accurato. Ci sono anche casi in cui l’associazione tra il campione e il deposito non è evidente o facilmente comprensibile. Bisogna prestare grande attenzione quando si collega un evento al contesto e il contesto al campione da datare con il radiocarbonio.
Un archeologo deve anche fare in modo che vengano raccolte e trattate per la datazione al carbonio soltanto le serie di campioni utili e non qualsiasi materiale organico trovato nel sito dello scavo.
È importante che gli scienziati del radiocarbonio e gli archeologi concordino sulla strategia di campionamento prima di iniziare lo scavo in modo da non perdere tempo, fatica e risorse e da avere un risultato significativo dopo la datazione al carbonio.
Va sottolineato che per varie ragioni gli archeologi hanno bisogno di interagire con i laboratori di radiocarbonio prima dello scavo.
1. Tipologia, dimensioni e imballaggio del campione
I laboratori hanno delle limitazioni sui campioni che possono trattare per la datazione al radiocarbonio. Alcuni laboratori, per esempio, non datano i carbonati.
È necessario consultare i laboratori sulla quantità di campione su cui preferiscono lavorare e chiedere se preferiscono alcuni campioni ad altri per la datazione al carbonio. Altri laboratori accettano, ad esempio, il legno impregnato d’acqua, mentre altri preferiscono riceverlo asciutto.
2. Raccolta dei campioni
Bisogna evitare di introdurre contaminanti nei campioni durante la raccolta e la conservazione. Idrocarburi, colla, biocidi, glicole polietilenico o colla vinilica non devono venire a contatto con i campioni destinati alla datazione al radiocarbonio. Altri potenziali contaminanti sono carta, cartone, cotone, corda e cenere di sigaretta.
3. Conservazione dei campioni
I campioni devono essere conservati con materiali di imballaggio che li proteggano durante il trasporto e anche in caso di stoccaggio prolungato. Le etichette attaccate ai materiali di imballaggio non devono sbiadirsi o rovinarsi facilmente.
È possibile usare dei contenitori in vetro per la conservazione dei campioni, ma sono suscettibili a rotture e possono essere poco pratici quando si tratta di campioni grandi. La plastica non è sempre sicura, perché potrebbe contaminare i campioni. Sono invece sicuri i contenitori di alluminio con tappi a vite, ma è comunque preferibile consultare il laboratorio per sapere quali sono i migliori contenitori per i campioni destinati alla datazione al carbonio.
4. Errori e calibrazione
Si raccomanda agli archeologi, e in generale ad ogni cliente, di chiedere al laboratorio se i risultati hanno errori sistematici o casuali, nonché di chiedere dettagli sulla calibrazione utilizzata per la conversione degli anni BP in anni solari.
5. Costi
È importante chiarire i costi della datazione al radiocarbonio. Alcuni laboratori hanno tariffe più alte per quei campioni che non vengono trattati spesso.
6. Tempistica
La datazione al radiocarbonio richiede tempo e alcuni laboratori hanno spesso liste d’attesa, il che è un fattore da prendere in considerazione.
7. Identificazione dei campioni
Il processo di datazione al carbonio è distruttivo e i laboratori di solito danno ai loro clienti consigli in materia di identificazione o etichettatura del campione. È responsabilità dei clienti assicurarsi che tutti i campioni da destinare alla datazione al radiocarbonio siano stati etichettati correttamente prima che inizino le analisi.
8. Tipi di contaminanti
Comunicando con i clienti i laboratori possono avere un’idea dei possibili tipi di contaminanti nello scavo archeologico. Conoscere il tipo di contaminanti dà agli scienziati un’idea sui pretrattamenti da fare prima di iniziare la datazione al carbonio.
9. Età prevista
I laboratori chiedono ai propri clienti l’età prevista dei campioni inviati per evitare la contaminazione incrociata durante la lavorazione e che un campione di età considerevole (più di 10.000 anni) debba seguire quelli moderni.
Inoltre i laboratori tendono ad evitare di datare al carbonio campioni che diano intervalli temporali troppo grandi. I risultati della datazione al radiocarbonio hanno un valore insignificante quando la curva di calibrazione è effettivamente piatta e tutti gli eventi del calendario del periodo produrranno circa la stessa età al radiocarbonio.
Interpretare i risultati della datazione al radiocarbonio non è semplice e ci sono delle volte in cui gli archeologi ritengono i risultati del carbonio-14 “archeologicamente inaccettabili”. In questo caso, l’archeologo respinge i risultati della datazione al radiocarbonio previa valutazione della cronologia dello scavo archeologico.
Le ragioni per cui i risultati di una datazione al carbonio possono essere considerati “inaccettabili” sono tante. Può esserci un problema deposizionale di fondo, o una contaminazione insospettabile, o anche un problema del laboratorio. In ogni caso, vale la pena chiedersi perché i risultati vengano ritenuti inaccettabili.
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L’archeologia preventiva comporta l’ispezione e l’eventuale scavo dei siti destinati alla costruzione o allo sviluppo, allo scopo di recuperare e preservare eventuali reperti di valore. In queste circostanze, gli archeologi si trovano a lavorare sotto pressione e con tempistiche molto ristrette, a causa della necessità delle parti interessate di avviare le opere di costruzione il prima possibile.
Nei casi in cui vengono ritrovati reperti potenzialmente di valore, ricevere dei risultati di alta qualità in tempi rapidi può essere cruciale per determinare se il sito necessita di ulteriori indagini o se può essere restituito al costruttore. Nell’ambito di progetti particolari e urgenti, come l’archeologia preventiva, attendere i risultati delle analisi per alcuni mesi mentre la costruzione è in sospeso non è sostenibile e può causare difficoltà di carattere finanziario. Gli archeologi necessitano di laboratori di datazione al radiocarbonio che possano provvedere alle necessità specifiche del progetto e rispettarne le scadenze.
Riferimenti:
Grahame Johnston, Rescue Archaeology (2015), Archaeology Expert, (accessed June 2018)
Sheridan Bowman, Radiocarbon Dating: Interpreting the Past (1990), University of California Press
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